Et voilà, l’analisi antisociale (sul voto mancante) che mancava.
“Che vergogna averli sostenuti e votati.”
L’altra sera la schiera di fotografi e giornalisti al seguito di Marco Doria ci ha quasi investiti in Piazza delle Fontane Marose.
C’era un codazzo di giovani fans con cappelli e sciarpine che parevano usciti da una vetrina d’abbigliamento alla moda finto-trasandato; e dice che non son snob radical chic, questi della rivoluzione arancione…che poi son mode superate: ci aveva provato anche Biasotti, meglio conciato forse, ma pure lui col don di turno – ora defunto, cioè in pensione.
Avanzavano urlanti con lunghi bastoni camuffati da aste di microfono, per rispetto del dover di cronaca ci avrebbero calpestati. Eroicamente ho detto: non mi sposto mica, non mi sposto! Ma son stato trascinato via da mano amorevole e salvato.
Dichiarazioni da me non ne han volute, son scappati altrove. Peccato, che cose da dir loro ne avrei avute.
A partire dall’errore principale, che è il pensare di star dalla stessa parte – solo perchè quel che vien considerato, con calcistica visione, il “nemico” (almeno quello più appariscente) dall’altra sostiene di stare.
Non è così semplice la Storia, e i tempi prossimi – se il passato non basta – lo chiariranno.
D’altronde è stato già sufficientemente chiaro il maturo supporter del PD che venerdì a Matteotti dalla sua finestra griffata Doria, purtroppo per lui senza balcone, avvertiva noi giovani, “incivilissimi” (Telese dixit) e irresponsabili contestatori, con sfoggio di paternale simpatia, che avremmo dovuto ringraziar gli sbirri poichè stavano lì a difenderci dall’ira dei piddini, e non il contrario: questi son dunque gli stati d’animo e gli schieramenti in campo. Guardano i vittoriosi socialisti francesi, mica il crollo di quelli greci. Si guardano i piedi, insomma; ma lo shoegaze in politica ha poco di sognante e molto di distorto.
Preferiscono non vedere, come il giornalista diciamo d’inchiesta Marco Preve, che, manifestamente schierato sulle posizioni centrosinistre del proprio giornale, si guarda bene di rispondermi su fatti che considera a seconda della convenienza elementi-chiave o inutili dettagli. Gli ho ricordato infatti sul suo blog il fatterello che “a sorreggere Doria è il PD del berlusconiano D’Alema”. Mi risponde subito secco: “Vorrei però ricordarle che l’unico appuntamento saltato da Doria in questa campagna è stato l’unico comizio di D’Alema a Genova. Assenza, quella di Doria sottolineata da tutti gli organi di informazione, ufficiali e alternativi”. Pensa un po’ che comunistone abbiam davanti. Gli dico: ok, ci faccia sapere allora se salterà pure l’appuntamento finale con Bersani… Indovina indovinello: non lo ha saltato. Non avrebbe potuto. E’ intuibile che “snobbare il segretario del primo partito che ti sostiene è complicato”! Quindi? Quindi soffiamo sul gossip del primo salto, silenzio stampa sul salto mancato.
Nessuno ha volontà di dir le cose come stanno, di comprenderle criticamente. Si ha voglia solo di fare il tifo, data per buona l’immutabile necessità della competizione elettorale, e non invece “l’astensione attiva di più di un terzo dell’elettorato” che fa tremar la Grecia. Da questa gara c’è infatti chi si autoesclude od a partecipar per finta si ritrova; il confronto con certi entusiasmi dipinge le due facce d’una sinistra che ha davvero poco da ridere e che dovrebbe ringraziar per le vittorie proprie l’orrendevolezza del “nemico”.
Democrazia è dunque oggi lo sfizio di voler credere di contar qualcosa cedendo all’omologazione, restando con la crisi che dicevano stesse per finire, l’incubo-ricatto della Grecia, e senza diritto di sciopero o ferie, figuriamoci il premio di produzione.
Altra sinistra s’è buttata a destra, fra le braccia del pifferaio populista che ruba i voti al candidato buono, poveretto. Non passa l’antico vizio riformista, ripetuto sempre più spesso, partito dalla Valsusa ribelle col “Teorema Bresso”. L’autocritica è pratica da evitare, Per Dio (PD). Per fortuna ci sta il secondo turno, così essi “saranno riportati per le orecchie alle urne finché non avranno imparato a votare come si deve”.
Risulta chiaro come non sia tanto necessario far di tutto pur di sconfigger nelle urne la destra, quanto far di tutto per cambiar nel cervello la sinistra. Sta in questo rifiuto scortese del meno peggio la differenza abissale fra la mia erre moscia e questo maggio assai poco francese, che mi porterà a non votare al ballottaggio.
Dati sensibili:
Schede bianche 4.813 1,72 %
Schede nulle 10.975 3,92 %
SEGA NORD 8.777 3,80 %
MOVIMENTO 5 STELLE BEPPEGRILLO.IT 32.516 14,08 %
LISTA CIVICA – MARCO DORIA 26.784 11,60 %
“Risulta chiaro come non sia tanto necessario far di tutto pur di sconfigger nelle urne la destra, quanto far di tutto per cambiar nel cervello la sinistra. ”
Su questo sono più che d’accordo, ma va anche detto che il PD della sinistra-sinistra ha ormai un vago ricordo.
Rimane un problema, nel primo fattore leninista, i partiti ci sguazzano. Si dividono la torta su chi vota.
E ne rimane un secondo e cioè che che del 45% di astenuti, ce n’è un 20% che non vota mai, e il resto non si schieraerebbe compattamente a sinistra nè farebbe la rivoluzione e forse neanche aspira alla rivoluzione. E la rivoluzione difficilmente parte da una minoranza dell’1% (o anche del 5%).
Quindi? Quindi boh, io continuo a cercare il meno peggio con poche aspettative.
Il tuo commento è chiaro, Skeno.
Ma se fosse l’1% a recarsi a votare non ci sarebbe più nessuna torta da spartire. E’ una provocazione, è ovvio; ma qui è sparita proprio la sinistra, in ogni sua forma perlomeno credibile. Un tempo, pur sbagliando, per confuso menopeggismo si poteva confidar nella “zavorra dell’estrema sinistra”, come la vedevano i signori del PD; oggi, sparita quella, Fassino è libero di dar dei lancia-bulloni, dei violenti a chi gli fischia contro, e son lavoratori, lavoratrici; di dar dei terroristi a militanti generosi.
Il tentativo vorrebbe allora esser quello, tutto culturale, di far aumentare quella misera minoranza dell’1% che dici, avanguardista sì, ma non per forza autoreferenziale e snob. Lo sforzo è tanto necessario quanto dignitoso. Dopodichè si può decidere se porsi o no “il problema della vittoria”, come fanno i compagni torinesi di Askatasuna impegnati a battagliare in Val di Susa, o se vederla orwellianamente (“Siamo impegnati in un gioco in cui non possiamo vincere. Alcuni fallimenti sono migliori di altri, questo è tutto” – da 1984).
A metà, forse, sta Basaglia: “noi, nella nostra debolezza, in questa minoranza che siamo, non possiamo vincere. E’ il potere che vince sempre; noi possiamo al massimo convincere. Nel momento in cui convinciamo, noi vinciamo” (da Conferenze brasiliane, 1979).
Ciao
Boh, diciamo che a sinistra del PD, a Genova ci sono almeno SeL, Rifondazione-PdCI, Marxisti Leninisti e gli altri, cosa sono? trozkisti? o il belino che se li porti via.
Ecco questo già è assurdo. 4 partiti che messi insieme fanno il 10-12%.
Mi chiedo come un elettore di sinistra astenuto non possa trovare almeno uno di questi abbastanza meno peggio da votarlo, in modo da dare peso numerico a qualcosa che non sia il PD.
Finchè non crescono i partiti a sinistra del PD, il PD continuerà, oltre che a ESSERE di centro, a GUARDARE al centro.
Sono anche convinto che ci sia una parte di elettori PD che migrerebbero volentieri verso un partito di sinistra forte. Forse sono un sempliciotto, ma non vedo alternative per cambiare un sistema in modo nonviolento, se non quello di essere più rappresentativi. In Grecia bene o male sta succedendo: fra Syriza e KKE sono il 20% e infatti probabilmente usciranno dall’euro.
Certo se poi in tutto questo discorso ci fosse anche qualcuno che oltre a parlare di narrazioni o di quanto ce l’avevano lungo Marx ed Engels 160 anni fa o di quanto è bello Fidel Castro, fosse anche su questo pianeta e convincente… sarei più felice.
Skeno, quello che non so se son stato in grado di rendere è la sensazione di totale distanza – umana, oltre che politica – fra le parti in piazza; non troppo diversamente da quando fu contestato Berlusconi. Una roba che ti lascia stupefatto, a bocca aperta, e non solo per proferire insulti. Noi li guardavamo come fessi, loro ci guardavan come alieni. Una situazione che lascia più sgomenti del solo risultato elettorale. Nonostante la crisi e l’antipolitica, la gente vota in massa PD, sventola la banderuola e “non si toccano i dirigenti” – me la ricordo ancora, questa perla di saggezza serv…pardon! popolare, da un’antica Festa dell’Unità terminata quasi in rissa per la presenza ritenuta provocatoria degli invitati Chiesa e Vauro… Forse è gente che ha bisogno di sicurezze e vota come va la domenica a messa, non saprei, io non credo (a nulla), ma a capirli ci ho rinunciato, dal momento che nessuno si sforza di capir le mie, di ragioni.
C’è un episodio nella storia recente di questo paese che descrive bene questa distanza ed è stato, stranamente, ben raccontato dalla stampa mainstream: è quello della cacciata di Fassino dal corteo romano contro la guerra nel 2004.
“La tensione montava senza nessuna regia e nessun controllo.
Una tensione creata da un’incomunicabilità totale prima ancora di un dissenso politico, con un ragazzo che al cordone dei Ds strillava: “Avete aperto i Cpt” riferendosi ai Centri di permanenza temporanea per i migranti e con i militanti del partito di Fassino che si domandavano cosa fossero questi Cpt. Due linguaggi, due culture inconciliabili che alla fine sono venute alle mani.”
Ebbene, servivano le maniere forti dei centri sociali per palesare questa realtà.
In questa stessa situazione di incomprensione reciproca e d’incomunicabilità totale ci ritroviamo oggi. Allora, invece di pensare che la responsabilità sia di chi non vota, non si potrebbe pensare finalmente che sia di chi vota, ed oltretutto vota male (chiedo venia per l’orrenda semplificazione)? Per quale motivo dovrei votare io un’alternativa che non mi convince e non altri riconsiderare il loro vizietto? Per dar senso ad un diritto cui ormai neppure tengo più, che percepisco come una presa in giro? Per dar ragione ai soloni democratici come Scalfari per i quali “Chi dice di amare la politica ma di detestare i partiti esprime una dicotomia priva di senso perché la politica non si può fare senza i partiti. Da che mondo è mondo è sempre stato così”, ignorando tanta parte di storia che evidentemente non gli fa comodo? Se siamo disgregati, disperati, se siamo stati abbandonati a noi stessi è da noi stessi che per forza di cose dobbiamo ricominciare.
Hai reso perfettamente l’idea.
Però continuo a dire che l’ unico modo di liberarsi dai partiti che non piacciono è votarne altri o proporre alternative credibili per il 45% degli astenuti.
Sarò masochista, ma di questo metodo rassegnato e degradante mi son stancato. Voterei Silvia Baraldini, ma mi danno Rosy Bindi e a vincere son Carlucci e Zanicchi…e dovrei anche festeggiare per le quote rosa.
L’alternativa credibile, se anche ci fosse, non la voterebbe nessuno dopo anni di indottrinamento savianesco, travagliesco, grillino, legalitario, sbirresco. E’ un pensiero nella sua interezza ad esser stato messo all’angolo, chiuso in soffitta, vinto dalle promesse delle sirene del consumismo e dalle orazioni non dimostrative dei soloni moderati di Repubblica, pronti a fare il coro alla protesta anticapitalista solo quando ritenuta sufficientemente soft per non far male.
Berlusconi la gente cosiddetta perbene lo ha votato, ma il miracolo è finito spompinato; la Lega ha preso voti (perfino operai) per anni, e adesso crolla sotto al peso del solito scandalo italiano. Se ci va ancora bene, qualcuno s’ammazzerà, come Jörg Haider. Si disfano da soli, questi burattini. Continuo dunque a dire che il problema non siamo noi: sono questi altri assidui frequentatori dell’urna a fare il bello e il cattivo tempo della democrazia, votando a caso e pensando con il culo. Ed io non voglio vincere una partita, ma generare un mutamento che dalle mie X non ha mai avuto speranza di passare. Che si alzi il livello qualitativo della democrazia, o la si superi.