Volete scalare ma non potete uscire dal Comune? Siete finiti malvolentieri e già imbragati in zona arancione? Il vostro rappresentante ha pronta per voi la soluzione. Per la serie: non è mai troppo tardi (o forse sì?). Meglio tardi che mai? Pensatela un po’ come vi pare.
Sullo sfondo una storia underground, ma vista mare.
“i traversi si facevano a Punta Vagno, alla Foce.”
“…se facciamo una bella petizione?”
Proprio ieri il consigliere comunale di Fratelli d’Italia Valeriano Vacalebre ha compiuto 43 anni. Celebriamo tale coincidenza approfittandone quale scusa per interessarci a una notizia vecchia di qualche mese, che agli occhi esperti dei cultori della scalata vintage tipica degli ’80-’90 non sarà passata inosservata. Quale? Questa.
Appartenente alla cosiddetta “destra sociale”, Vacalebre ha iniziato la carriera con AN, dedicandosi particolarmente al territorio. Nel 2018 dichiarava che “Lo sport e gli impianti sono per noi un problema molto serio”. L’anno successivo in effetti si è occupato di piste ciclabili, ed oggi – dopo il misterioso passo falso di un più moderato collega totiano – eccolo alle prese (è il caso di dirlo) con una parete, o meglio “palestra di roccia”.
Dal documento ufficiale qui visionabile apprendiamo infatti dell’esistenza di una “falesia” rocciosa nel quartiere genovese della Foce: il riferimento è invece chiaramente al caro vecchio muraglione di Punta Vagno (Giardini Govi), su cui più generazioni si sono allenate sotto lo sguardo stupito dei passanti, tracciando percorsi in traverso, in compagnia od in solitaria, scavando o modellando appigli, incollando prese artificiali e addirittura chiodando itinerari spittati (oramai impraticabili, e suppongo aperti alla faccia di qualsivoglia regola), sino all’avvento delle moderne palestre indoor. Ne testimoniano l’importanza numerose storie personali più o meno celebri, come quella di Marco Codebò (“Non esistevano i pannelli per allenarsi, si andava a “punta Vagno””) o quella della più giovane Daniela Feroleto (“Abbiamo iniziato (…) a muovere i primi passi sui traversi di pietra dei giardini Gilberto Govi a Genova quando ancora non esisteva nemmeno una palestra indoor in città!”). Erano i tempi in cui ci si riconosceva simili tramite un’occhiata, appartenenti a un qualche cosa di comune seppure senza tessera od assicurazione.
Dopo anni ed anni di avventurosa e liberissima autogestione, ora della struttura si ipotizza, post-riqualificazione, un utilizzo forse più – come dire – autorizzato e controllato (od evoluto, o privatizzato?) rispetto a quello odierno e che fu, anche se non è ben chiaro cosa s’intenda con espressioni quali “parete attrezzata”…
La sua base è stata adibita frattanto a posteggio, dopo un periodo di transizione in cui si ottenne addirittura dal Comune l’affissione di appositi cartelli di divieto di sosta con scritto sotto qualcosa come “lasciare libero, passaggio arrampicatori”: a ripensarci oggi vicende quasi incredibili, storie sotterranee di trazioni all’aria aperta in una zona che, peraltro, non è bene lasciare deserta; e perciò anche storia, in fondo, del recupero involontario di un’area urbana di confine, che passava attraverso la buffa attività sportiva di giovanotti un poco ‘fuori’.
Diciamo la verità: che sarà di questo presunto progetto non si sa, e non si può escludere a priori l’ipotesi migliore. Ma sono secoli che si pensa a cosa fare dei giardini Govi e degli spazi limitrofi: ne è stato versato d’inchiostro, di magnesio e di sudore. Alcuni impianti sportivi a dire il vero ci son già; con un ritardo di alcuni decenni, senza troppo sforzo, e forse solo grazie al Covid, viene curiosamente riscoperto anche il nostro muro (non da Repubblica che per “arrampicata a mani nude in strada” intende il più moderno parkour…).
Conservo e riguardo con nostalgia fotografie che mi ritraggono assieme agli amici mentre scivoliamo di tacca in tacca sulle scritte a spray pro-Palestina e sulle falci e martello. Erano bei tempi quelli sotto molti aspetti. Oggi che la destra pretende di fare cultura, anche attraverso lo sport, nel mentre che inneggia a patrioti e patriottismi (ma al contempo coltiva, col leghismo, localismi ed indipendentismi), sarebbe da respingere l’offensiva e ridicola proposta al mittente. Soprattutto dopo aver attentamente valutato come il più volte autodefinitosi “sindaco di tutti” ed il suo degno compare stiano contribuendo a spostare gli equilibri politici locali sempre più a destra, con punte di appoggio all’estremismo più inquietante.
Sebbene il “giornalista-galantuomo” berluscomico Lussana definisca Bucci “un gigante, che travalica schieramenti e appartenenze, coinvolgendo persone che non voterebbero centrodestra nemmeno se l’alternativa fosse il taglio della mano”, ci vorrebbe un cieco per non accorgersi dell’agibilità politica di cui hanno goduto in città entità e gruppuscoli fra il revisionismo e il neofascismo negli ultimi anni, come dimostrano le numerose polemiche sorte perfino in seno alla stessa maggioranza.
E comunque, al di là di tutto questo (“more than this”, per l’appunto, come recita lo slogan del rilancio genovese), qualcuno vuole sapere come andò che il muro divenne un luogo di ritrovo per appassionati ai tempi di Manolo, della Sector e dei suoi No Limits?
E’ piuttosto semplice: essi vi andarono e si arrampicarono.
(foto tratta da Genova3000)